Oh, mamma mamma mamma! Sai perché, mi batte il corazon? Ho visto l'autografo di Maradona.

La romantica storia di un appassionato che chiede di riscontrare la veridicità della firma del Diez.

di Francesco Faiello

Tutti dicono: questo è stato il migliore del Barcellona, questo è stato il migliore del Real Madrid, questo è stato il migliore del Chelsea, questo è stato il migliore... Io sono orgoglioso di essere stato il migliore a Napoli.”  è una delle frasi di Maradona che lo lega profondamente alla nostra terra - da sempre - ribelle al meccanismo di egemonia, alle politematiche battaglie sociali contro chi sta sopra il Rubicone ed al verace e forte sentimento di appartenenza. Del resto, come diceva Luciano De Crescenzo "il fatto che sia nato a Buenos Aires non vuol dire niente: Diego è napoletano". E nella seconda metà degli anni ottanta, tutti i tifosi veneravano Maradona perché lo vedevano come un partenopeo aggiunto, venuto da molto lontano per divenire paladino delle ingiustizie ed incarnarsi Robin Hood del calcio.

Come tanti ragazzini di quegli anni, anche Nando ha vissuto la propria adolescenza incantandosi, nel guardare giocare a calcio Maradona e sognando un mondo migliore grazie al Napoli che, per effetto di una strana redenzione dovuta al Pallone, impartiva lezioni di vita anche ai ricchi. Nando oggi è un uomo, ha il suo lavoro e la sua famiglia, ma non rinuncia mai a seguire il calcio. Ogni fine settimana è davanti alla Tv, seduto sul divano in compagnia del figlio a seguire la sua squadra che, da una quindicina d’anni a questa parte, è tornata grande. “Questa squadra sarà anche grande, ma non sarà mai grandissima. Maradona non c’è più e non potrà mai rivivere, nemmeno nei giocatori più talentuosi. E sa perché? Perché sono cambiati i tempi”. Diego, insomma, resta ancora il più grande.

Portatore di questi valori scalfiti nel cuore, di tanto in tanto, l’uomo che è oggi ridiventa il bambino di un tempo anche solo per qualche attimo, allorquando si tratta di ripescare dai ricordi quel San Paolo degli anni ’80 che faceva vivere grandi emozioni. E così che Nando, un giorno, nota un annuncio sul web: "Vendo autografo per 30 euro. Dovrebbe essere di Maradona, ma non lo assicuro". Nando non esita: compie l'acquisto e ci chiede di esaminarlo, in qualità di esperti grafo- peritali, per essere certi della provenienza.

"Se mi trovassi a un matrimonio vestito di bianco e mi tirassero un pallone infangato, lo colpirei di petto senza pensarci" ha detto più grande calciatore di tutti i tempi. Tale citazione racchiude pienamente tutto il suo estro manifestato nella voglia di giocare a calcio, sempre e comunque ed in ogni dove. E l'estro non è un dato occasionale, o, meglio, non è, cioè, una manifestazione del proprio talento espressa in maniera estemporanea ed avulsa da ogni altro contesto espressivo del proprio spirito, ma unico modo di intendere la vita attraverso forme e sostanze variamente rappresentate. L'autografo di Maradona rivela tale dato in maniera decisamente mirata. Del resto, il solo fatto di essere una star e di camminare ad un'altezza superiore rispetto a tutti gli altri conferisce un modo libero di porsi verso il mondo e di farsi guardare con ammirazione. Ed è per questo che l’autografo, dal punto di vista grafologico, è il gesto artistico per eccellenza, ovvero la firma apposta dalla celebrità (calciatore, musicista, attore …) in maniera veloce e spontanea. Nell’autografo, in generale, si riversano tutte le caratteristiche grafologiche dell’ingegnosità e dell’originalità: all’artista, infatti, come detto, è socialmente consentito essere sui generis e graficamente riproduce il proprio gesto, sovente, con dei connotati scrittorei che si pongono lontani da ogni veste formale.

Nell'autografo di Maradona non mancano elementi tutti personali, ricchi di abbellimenti e dati grafici altamente personalizzati, lontani da ogni tipo di format letterale precostiuito. La "M" gigante rivela tutto il proprio sentimento di superiorità: nelle maiuscole, infatti, si ritrae il proprio ego che più è grande per come ci si vede, più induce a vergare lettere abnormi. La prosecuzione del cognome non assume alcun tipo di specificazione, perché, si sa El pibe de Oro non aveva bisogno di formalizzarsi in alcun modo. E poi, il suo prodotto grafico parla chiaro: non mi hai riconosciuto? Aspetta che ti dico chi sono: "DIEGO", l'unico Diego che c'è o, se ce ne sono altri, sono l’unico che conta. E, ancora, se non avessi bene inteso, ti indico qui il mio numero preferito, anzi, identificativo, così che non potrai sbagliarti mai più: io sono il "10", el diez.

Tutto il prodotto grafico è ascendente, ovvero sinonimo in grafologia di ottimismo, ambizione, fiducia in sé stessi e tale aspetto conforta ulteriormente il grado di benessere interiore che Maradona, almeno in quel momento, avesse. Frugando nella sua storia, la droga e tutti i suoi sbagli, del resto, sono come una propaggine del senso di onnipotenza che gli ambienti che viveva gli conferivano.

Ebbene, oltre a tali dati salienti, a conclusione del lavoro di riconoscimento, si rintracciano tutti gli elementi, anche minimi, propri degli autografi del Diego più popolare al mondo: il gesto di aggancio, la dinamica di ciascuna lettera, le sottolineature, la pressione ed il modo di conformare le parentesi. Tutti questi dati, in ogni specificità, comparati con quelli propri degli autografi reperiti sul web, non lasciano dubbi: l’autografo rilasciato su una 10.000 lire (presumibilmente, alla fine del 1984, alla prima stagione al Napoli) è stato vergato dal più grande di tutti i tempi.

Nando è contento: sa di avere fatto un affare, perché ha nelle mani una cosa rara e costosa (la si stima in almeno settecento euro di valore) e, soprattutto, per quello che rappresenta per i propri sogni e per i ricordi di adolescente, qualcosa di unico.

“Che combinazione! Che affare! Che grande sorpresa! A qualche invidioso che mi dirà che non è un autografo autentico, gli risponderò per le rime: ma lo sai chi ha apposto questa firma? Non c’è dubbio: è stata la mano di Dios”.