Grafologia e spontaneità: l’epoca dei social e la tendenza a non lasciare più traccia di sé stessi.

Bigliettini e liste della spesa: se ogni cosa è riportata sul telefono, scompare l’analisi grafica.

 di Francesco Faiello

Il senso di reperibilità, quando non esistevano i social, era certamente diverso.

Per averne percezione, basta poco: se alla tv passa un film anni ’80, l’attenzione cade su maglioni larghi, jeans a vita alti e telefonate da enormi cordless dall’alta antenna oppure da cabine telefoniche. L’intreccio della storia cade, magari, sull’inatteso: lui va da lei e non la trova. Dove sarà andata l’amata? E perché si nasconde? Con chi sarà?

 A queste domande oggi, chiaramente, viene fornita esaurientemente risposta attraverso l’utilizzo di un telefono mobile, utile a geo localizzare chiunque attraverso un semplice messaggio. Anche le trame dei film, allora, oggi sarebbero totalmente diversi. Nessun dubbio amletico, senso di sbigottimento o relativi attacchi di gelosia per i protagonisti: non ho trovato il/la mia amata? Ora la cerco su Whatsapp.

Oggi resta comunque ferma l’esigenza dei messaggi istantanei, quelli buoni per dare spiegazioni di massima per cui, anche in epoca ante social, era superfluo fare telefonate. I bigliettini lasciati sotto alla porta, i “pizzini”, i messaggi informativi sparsi in casa, le liste della spesa o delle cose da fare riempiono uno spazio interamente traslato sulle app del telefono. Il cospicuo materiale grafologico, quotidiano e forse più veritiero perché immediato e spontaneo, sta man mano scomparendo.

In materia di quantum da analizzare, chiaramente sin dalla diffusione della macchina da scrivere la grafologia ha già perso molto. L’avvento del computer e i programmi di dattiloscrittura, poi, hanno certamente contribuito alla limitazione dell’analisi grafica. Oggi i telefoni mobili, e ovviamente i social come canale di smistamento privato di notizie e aggiornamenti quotidiani pongono un dato di scarsa propensione alla scrittura per chiunque.

Naturalmente si continua a scrivere, lo si fa anche spesso, ma lo si fa sempre più per impegni “ufficiali”. Si pensi, ad esempio, al testamento (connotato dal carattere della olografia e, per questo, ai sensi dell’art. 602 del codice civile, scritto per intero, datato e sottoscritto di mano dal testatore). Per il resto: salvo casi isolati, la scrittura integrale del testo è di parecchio limitata rispetto ai tempi passati. Resta, infatti, ancora in piedi l’abitudine alla sottoscrizione: si pensi, qui, agli assegni da parte dell’emittente o alla firma vergata in calce a documenti di svariato genere.

A parte i singoli casi personali e professionali che conferiscono speciali abitudini grafiche improntate all’immediatezza, i connotati scrittorei dati dalla fretta o dall’esigenza di celerità sono sempre più destinati a scomparire dal momento che se si è portati a scrivere sempre per esigenze ufficiali che conferiscono solennità.

Tutto ciò che è scrittura veloce sotto forma di costanti inclinazioni date dalla celerità esecutiva, omissioni provocate dalla fretta, accavallamenti e tratti (magari poco leggibili e, quindi solo) deducibili viene quasi abdicato in favore di una gestualità sempre più precisa che rintraccia i canoni della chiarezza per tutte le volte, sempre più frequenti come detto, che si compone un atto formale.

I bigliettini sotto alle porte che fine hanno fatto? Volatilizzati, spariti del tutto insieme a tutto quell’ensamble di abitudini quotidiane ascrivibili ad un’epoca storica in cui si viveva comunque bene, anche senza costanti aggiornamenti o ansie dettate dal non sapere.

Il mondo semplice è scomparso e, con esso, tutto ciò che non creava aspettative frequenti. Si vive nell’attesa dei messaggi, nella compulsione di scrivere di sé o comunque di dare prova a tutti gli effetti della propria esistenza senza preoccuparsi di essere semplici.

Viviamo in un mondo grafologicamente basato sempre meno sulla spontaneità gestuale e sempre più sulla costruzione, sull’artifizio espresso in ogni movenza grafologica e non solo. Che fine ha fatto il noi stesso vero? Globalmente resta un ricordo lontano, esplorabile solo nei film.