Fictio Iuris, Fictio Manus: il mondo giuridico e grafo - peritale oltre l’apparenza.

“Solo i superficiali non giudicano dalle apparenze” - Oscar Wilde

È possibile compiere un’opera che riesca a scardinare gli aspetti esteriori? Che potere, questi, sono in grado di assumere? Sono più forti della realtà?

  di Francesco Faiello

Chi visita Napoli ha una tappa obbligata: la Cappella di San Severo, nel cuore del centro storico. Qui si trova la scultura delle sculture: il Cristo Velato, di Giuseppe Sanmartino del 1753. Trattasi di un’opera in marmo, famosa per gli evidenti risvolti che animano il lenzuolo poggiato sul corpo, senza vita, di un Cristo torturato.

Per la minuzia dei particolari e la perfezione dell’opera in toto, molti credono che la scultura non sia frutto reale dell’abilità dell’artista ma il risultato di uno dei tanti esperimenti del Principe alchimista di Sansevero, capace, a dir di qualcuno, addirittura di trasformare, per mezzo di esperimenti e magie, un velo in marmo. Dicerie del genere, del resto, diventano sempre più fondate per il curioso visitatore che si imbatte nelle varie sale della cappella in cui si trovano scheletri, reperti e risultati di varie scientifiche sperimentazioni. Ovviamente, è semplice desumerlo, si tratta di malefiche leggende, per lo più atte a suggestionare il visitatore dall’atmosfera di mistero e sgomento.

La leggenda, infatti, è presto svelata: oltre il comune senso pratico fornito dall’esperienza, esistono molti documenti che descrivono la realizzazione della scultura, tra cui un acconto di cinquanta ducati che il Principe pagò allo scultore per la realizzazione dell’opera.

Lo schema che si segue, insomma, è sempre lo stesso: prodotto dai tratti camuffati per mettere in atto una deviazione della realtà o una profonda suggestione. Spetta, poi, al visitatore attento o all’accorto perito indagare sullo svelamento del falso o l’attribuzione di genuinità.

 

È un meccanismo, quello descritto, che investe, con le dovute proporzioni e i ruoli di riferimento, anche gli attori in campo nel processo: il giudice, le parti, i legali, i consulenti, difatti, sono tutti interessati ad occuparsi del reperto in esame, indagandone sulla bontà o sulla apocrifìa, a seconda degli interessi in gioco.

I temi proposti in corso di causa, così come per gli svelamenti di tutti i misteri, sono sempre gli stessi: imitazione e dissimulazione, naturalezza e spontaneità. Ciascuna parte porterà, a seconda del perseguimento del proprio interesse, a sostegno della propria tesi, indizi e prove.

Uno scritto è falso? Il motivo è presto dato, eccone le dimostrazioni.

Una firma è autentica? Il dato è ascrivibile ad aspetti ben precisi sulla base di ben precise ed obiettive risultanze.

La naturalezza con la quale il soggetto rivela sé stesso, senza alcun tentativo di modificare la sua persona o occultarsi, può essere messa in discussione ogni volta che emerge un dato diverso, un elemento che si presume simile ma che attenta, per interesse particolare, alla genuinità. E la naturalezza si è certi che sia tale? È probabile che si tratti, in senso più ampio, semplicemente di spontaneità, ovvero di un processo, in generale, di canalizzazione di energie che avviene senza inibizioni o ostentazioni ma che, nello specifico, si preoccupa, pur mantenendo inalterato il proprio equilibrio, comunque, sottilmente di nascondere determinati aspetti scrittorei che, poi, in chiave peritale, possono essere reputati fatali.

Si può imitare, infatti, o dissimularsi: si può tentare di riprodurre il referto, o, invece, fingere di uscire dai propri automatismi motori e, dunque, grafici, per mettere a frutto un prodotto apparentemente diverso da quello contestato.

Ai sensi dell’articolo 1414 del codice civile “Il contratto simulato non produce effetto tra le parti. Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma “.

La norma afferma l’inefficacia del contratto simulato e l’efficacia di quello dissimulato. Quest’ultimo tuttavia deve avere i requisiti di sostanza e forma richiesti dalla legge per tutti i contratti.

A differenza del mondo peritale, il dato giuridico si incentra su un duplice episodio: da un lato, il negozio simulato, ad esempio la compravendita di beni immobili, che ha la forma dell’atto pubblico; dall’altro la controdichiarazione sottoscritta dalle parti, in cui, ad esempio, viene dichiarato che si tratta di donazione e che il venditore non ricava alcun prezzo dalla vendita.

Quale la sostanza, quale l’apparenza?

La risposta risiede sempre nell’indagine, nella individuazione degli spunti tematici ed argomentativi in grado di squarciare il velo dell’ipocrisia, di preferire l’irrealtà alla realtà o viceversa e di precisarne, conseguentemente, i motivi dopo averne individuato i tratti fondanti. Dopodiché, il responso: ecco la scrittura alterata, ovvero il negozio simulato; ecco il dato reale, ovvero il feticcio della controdichiarazione.

Tematiche diverse, ma simili: il mondo giuridico ed il dato peritale ancora una volta si incrociano nelle argomentazioni, nei concetti che ne stanno alla base. Due rette parallele fino ad un certo punto, perché poi si incontrano e si fondono nello stesso ideale. Bisogna sapere sostenere, con fermezza e buona dose di energie, la cura e l’acume intellettuale per sforzarsi di andare oltre l’esteriorità, o talvolta, anche di giudicare anche dalle apparenze, per non farsi circuire. È questo il compito dell’operatore del diritto.

Fictio iuris, fictio manus: cuore del diritto. Stesso tema, identica essenza: Quousque tandem abutere, nostra fictio, patientia nostra?