Consulente ieri, grafologo oggi: cosa cambia per gli esperti grafo peritali alla luce della Cartabia.

In cosa la Riforma ha inciso per i consulenti? Quali sono i nuovi criteri per l’accesso all’Albo? Sicuramente si richiede una maggiore specificità tecnica. Ma siamo in grado di fornirla realmente?


di Andrea e Francesco Faiello


Che lo si abbia ben chiaro: nella nuova “Era Cartabia” c’è poco spazio per l’interpretazione. La Riforma ripete un sistema binario in cui gli input e gli output sono dati dall’essere in linea col nuovo corso o il non esserlo.

Celerità, brevità e stringatezza: l’opposto è fuori dal campo del plausibile. Esigenze del genere sorgono tutte in omaggio al nuovo trend da seguire: quello della solita governance europea che, da Bruxelles, dà ordini su ciò che è contemplato e ciò che non lo è. E non è contemplata la lungaggine, come non è ammesso ciò che è vetusto.

Da qui la necessità, anzi, l’obbligo di aggiornarsi.

Aggiornare, dunque, gli albi di appartenenza ed aggiornare le proprie qualifiche e competenze continuamente, annichilendo il rischio di lasciare vecchie storie professionali, mai rinnovate, negli annali tecnici. Aggiornare su impulso del Tribunale, però, che chiama il Perito, quando sarà aggiornato lo stesso Tribunale a risultare aggiornato, ovvero quando le amministrazioni avranno appreso il modus operandi per percepire gli intenti della riforma e nel momento in cui sarà tutto più chiaro. Lo smarrimento in questa fase storica è di prassi, se si pensa che sono gli stessi funzionari a non avere compreso il senso delle nuove disposizioni.

Ad aggiornarsi (repetita iuvant), ancora, è la medesima preparazione del professionista, attraverso corsi, seminari, fasi di formazione in seno all’associazione. Momenti di applicazione che, giocoforza, devono essere retribuiti, che consentono un giro di soldi (professionista verso l’associazione; associazione, con le imposte, verso lo stato) autorizzato anzi, meglio, disposto dall’alto.

Come ben risulta, il dato espresso dalla Riforma, almeno per la posizione dei consulenti, stando a questo momento, risulta essere molto semplice: l’accento va posto sull’innovazione, stringendo, negli elenchi del Tribunale, le maglie delle reali competenze, sottoposte, di volta in volta, attraverso l’ausilio degli aggiornamenti professionali, a revisione. Se prima, insomma, al consulente era ammessa una generale comprensione di conoscenze, sostanzialmente anche autocertificate, oggi, l’inversione di tendenza si pone sul punto della particolarità professionale, previa attestazione associativa che, a questo punto, si atteggia come vero e proprio ordine. Il che rappresenta anche una logica conseguenza, senza però effettiva definizione (guarda un po’, siamo in Italia) sul peso concreto delle associazioni, della portata della l. 4 del 2013.

Una moltitudine di disposizioni, dunque, che, allo stato, necessitano di un quadro delineato, visto anche lo sconcerto di istituzioni, amministrazioni, tribunali, personale, associazioni che non riescono sempre a fornire un esatto parterre di informazioni.

Quel che è certo è che il cambiamento è iniziato. Non si sa ancora bene in qual modo, ma è l’avvio di un qualcosa che ci tiene uniti all’Europa, che probabilmente rinnega le nostre origini e tradizioni professionali e che accorcia la possibilità di valutare i casi scientifici nel contesto e nel merito dell’occasione professionale per cui si è chiamati.

Buona l’idea, insomma, meno buoni i criteri, a quanto pare. Almeno questo è quanto, sin qui.